mercoledì 6 febbraio 2008

Sicilia: Niente election day

Non ci sarà un election day in Sicilia. La Regione non intende dar seguito all'invito del Viminale per accorpare in una sola tornata tutte le elezioni, come avverrà su tutto il territorio nazionale, dove si dovrebbe votare il 6 e il 7 aprile, oppure il 13 e il 14. In Sicilia, tranne che per le politiche, la scelta della data appartiene alla Regione e non al ministero dell'Interno.
Non a caso, ieri, il vicepresidente della Regione Lino Leanza(nella foto), a chi gli chiedeva se anche in Sicilia ci sarebbe stato l'election day, accorpando politiche, regionali ed amministrative, ha replicato: «Si rischierebbe un ingorgo, troppa confusione che non giova alla democrazia». Quindi, i siciliani, salvo ripensamenti dell'ultima ora, nell'arco di un paio di mesi, tra il 13 aprile e l'8 giugno, saranno chiamati alle urne ben tre volte .
Infatti è stato stabilito che le regionali non saranno abbinate neppure con le amministrative «perché - ha spiegato Leanza - sarebbe necessario approvare una legge ad hoc all'Ars e, in presenza di un governo di transizione come quello attuale non è possibile». Per cui, in linea di massima è stata prevista la data del 8 giugno.
E si voterà in otto delle nove province, tutte tranne Ragusa. Nella conta, infatti, è compresa anche la provincia di Trapani perché si sa già che il senatore Antonio D'Alì, attuale presidente, intende riproporsi per la carica senatoriale. Si voterà, inoltre, in centoventi comuni, fra cui Messina, al momento commissariata, e, probabilmente, anche a Catania, dove l'attuale sindaco Umberto Scapagnini, intende dimettersi per un seggio al Senato.
Per le prossime amministrative, comunque, la Regione ha già in bilancio 3,5 milioni di euro. Altri quattro milioni , per pagare gli scrutatori, saranno erogati dai comuni. La spesa prevista per le regionali, invece, è di 15 milioni di euro, a prescindere dal costo degli scrutatori.
A differenza del passato, comunque, questa volta, in forza della modifica alla legge elettorale contestata da Cateno De Luca, che raccolse, invano, le firme per sottoporla a referendum, i deputati dell'Ars potranno tranquillamente candidarsi a sindaco dei comuni con più di 30 mila abitanti, o a presidenti delle amministrazioni provinciali, senza doversi dimettere anticipatamente, restando poi in carica fino alla naturale scadenza.